Ahmadinejad

Nel diario di un comandante partigiano lessi, qualche tempo fa, le istruzini su come comportarsi con i nemici catturati. L’uomo aveva la responsabilità (mi sembra di ricordare) di diverse formazioni attive nel basso Piemonte e in Liguria, e verso la fine del ’43 (o l’inizio del ’44) si presentò il problema di che fare con i prigionieri.  Gli ordini diramati alla fine furono questi: disarmare e lasciar andare tutti gli uomini catturati, a meno che siano a conoscenza di qualcosa che possa mettere a repentaglio la sicurezza dei rifugi e dei depositi. In questo caso i prigionieri dovevano essere trattenuti per impedir loro di nuocere e guardati a vista. Solo nel caso di un attacco o di un rastrellamento che rendesse impossibile combattere o sganciarsi con il fardello degli eventuali prigionieri da sorvegliare, si autorizzava la fucilazione.

Il comandante partigiano chiedeva dunque ai gruppi di azione di accettare un ragionevole rischio (di fuga, spionaggio, etc.) per poter distinguere tra la colpa e il colpevole. Forse era un comandante credente (non lo so, non lo ricordo) che aveva imparato dal Vangelo, ma non chiedeva ai suoi uomini di essere gentili con i nemici, solo intelligenti nonostante la lotta e i pericoli. Se si fosse limitato a dire: "fucilateli tutti senza pietà", perché un fascista morto è un fascista che non ti sparerà più addosso e non potrà più torturare un tuo compagno nelle stanze della Questura, giù in città, avrebbe mentito tre volte. In primo luogo perché non si può mai "fucilarli tutti", il nemico è inestinguibile e la lotta contro il fascismo riguarda ognuno e costantemente. In secondo luogo perché avrebbe sostituito il diritto alla libertà con la fede nell’identità tra nemico e male, semplificando le ragioni per le quali quegli stessi uomini, ai quali ordinava di compiere le esecuzioni, avevano deciso di unirsi ai partigiani. Ma in terzo luogo, e più grave ancora, avrebbe mentito ai suoi compagni la verità per la quale montagne di capitani d’industria, latifondisti, speculatori, commercianti del legname e del grano, proprietari di miniere e direttori dei grandi Trust della chimica e dell’acciaio, sorridevano al Terzo Reich di Hitler, e avrebbero continuato a farlo anche dopo la fine della lotta di liberazione.

La disperazione è inutile. Umiliare il corpo e la mente dei tuoi compagni di lotta, stupido e colpevole. E piacevole solo per quelli che sorridono bene sotto ogni bandiera. 

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